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Defibrillatore, serve davvero una nuova Legge?

È noto che nell’ipotesi di arresto cardiaco improvviso, è decisiva e spesso risolutiva la tempestività dell’intervento di rianimazione cardio-polmonare e la defibrillazione precoce. L’articolo 1 della legge numero 120 del 3 Aprile 2001 comma 1, cita:

È  consentito  l’uso  del  defibrillatore  semiautomatico  in  sede  intra  ed  extraospedaliera  anche  al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare.”

La comparsa sul mercato del Defibrillatore semiautomatico (DAE), strumento elettronico computerizzato di semplicissimo impiego, che fornisce automaticamente all’operatore la diagnosi e la quantità di energia da somministrare nel caso concreto, pone l’interrogativo dentro quali limiti l’impiego di tale strumento sia consentito al soccorritore occasionale. In Italia, unico Paese al mondo, è richiesta l’autorizzazione rilasciata dal 118 secondo quanto previsto dal D.M. del 18/03/2008, previo un corso di formazione effettuato da un’agenzia accreditata in Regione. Il problema nasce dalla disomogeneità di regole che ogni singola Regione e Provincia autonoma ha previsto per la validazione dei suddetti corsi, rendendo di fatto assai complicato e in alcuni casi quasi impossibile l’organizzazione degli stessi.

Un disegno di legge che riforma e promuove la diffusione e l’uso dei defibrillatori semiautomatici (DAE) e agevola il primo soccorso da parte della popolazione in caso di arresto cardiaco, che sembrava dovesse essere approvato a tempo di record dopo il consenso ottenuto alla Camera, è bloccato da ormai quasi due anni in attesa del parere della Commissione Bilancio del Senato che deve sbloccare gli ultimi passaggi per concludere l’iter.

Ci siamo quindi posti la domanda: ma è proprio necessario essere in possesso dell’autorizzazione rilasciata dal 118 per usare un DAE, oltre che di una specifica Legge come quella precedentemente citata, che introduce secondo il parere di alcuni, “importanti novità”  per migliorare il primo soccorso e quindi aumentare la sopravvivenza all’arresto cardiaco, come la tutela legale del soccorritore?

La risposta alla domanda se la defibrillazione effettuata con l’impiego di un DAE costituisce “atto medico”, arriva da autorevoli esperti in ambito medico-legale (Medici docenti universitari, Avvocati, Giudici e Presidenti di Tribunali) che di seguito si riassume:

Le caratteristiche tecniche del DAE, che fornisce automaticamente la diagnosi e la terapia più indicata, non lasciano alcun margine di discrezionalità all’operatore. In altri termini, l’atto medico non promana dall’operatore, ma dalla macchina. Il compito di un atto medico-chirurgico da parte di chi non sia a ciò abilitato concreta di regola il reato di esercizio abusivo della professione medica (articolo 348 C.P.), ma lo stesso ordinamento esclude la sussistenza del reato nel caso di “soccorso di necessità“, ossia quando le circostanze impongono un intervento di urgenza. E certamente è il caso dell’arresto cardiaco improvviso, quando la situazione non consenta di intervenire altrimenti. Viene in rilievo innanzitutto l’Art. 593 C.P., che impone a chiunque, allorché trovi “un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo” di prestare l’assistenza occorrente o, se non è possibile dare avviso immediato all’autorità. Non precisa la norma in che cosa debba consistere “l’assistenza occorrente”.

Utili riferimenti vanno ricavati dalle circostanze particolari del caso e dei mezzi in possesso del soccorritore. Dalla norma in esame scaturisce dunque il dovere giuridico, oltre che morale, di prestare soccorso. Trova di conseguenza applicazione l’Art. 51 del C.P. che esclude la punibilità di che abbia commesso un reato (nel caso di specie, l’esercizio abusivo di una professione) nell’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica. Viene in rilevo anche l’Art. 54 C.P., che esclude la possibilità di chi abbia agito

per salvare altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona”.

Può affermarsi, in conclusione, che la defibrillazione praticata in situazioni di obbiettiva urgenza o di urgenza erroneamente e incolpevolmente supposta, con l’impiego di un Defibrillatore esterno semiautomatico da parte di persona estranea al settore sanitario, non costituisce reato e rappresenta attività lecita.

Appare logico che, in condizioni ordinarie, è bene che l’apparecchiatura venga utilizzata dai “first responders” addestrati ed all’uopo incaricati. Tuttavia, in assenza di questi, il DAE può essere, senza obblighi specifici, impiegato anche da personale laico non addestrato. Ciò risulta giustificabile in considerazione:

  • della drammaticità della situazione;
  • del breve intervallo di tempo utile a disposizione per salvare la vita del paziente;
  • delle garanzie di sicurezza offerte dall’apparecchiatura che permette la scarica solo in presenza di un ritmo defibrillabile (ne consegue che un impiego erroneo equivale al mancato utilizzo);
  • della relativa semplicità di uso.

Infine uno studio del 2016 ha evidenziato che il 61% delle Centrale operative del 118 suggeriscono istruzioni telefoniche per l’utilizzo del DAE al testimone dell’arresto cardiaco improvviso, guidandolo nelle procedure di rianimazione cardio-polmonare in attesa dell’arrivo del personale sanitario, anche se questo non ha mai partecipato ad un corso di formazione di primo soccorso.

Quindi, l’uso del DAE non è diverso dall’impiego di altre apparecchiature di emergenza, pubblicamente esposte e comunemente impiegate (estintori, idranti, ecc.) e il nostro auspicio è quello che venga presto reso disponibile in ogni condominio.

Viceversa riteniamo che in considerazione del grado di sicurezza garantito dall’apparecchiatura espone l’operatore che abbia la disponibilità di un DAE (anche se laico, purché addestrato all’uso), all’infrazione di norme del Codice Civile e Penale in caso di rifiuto od omissione di un trattamento defibrillatorio che, con elevata probabilità (cfr sentenza della Corte di Cassazione 27/2002), dimostrabile nel caso specifico in quanto giacente sotto leggi epidemiologiche di copertura, avrebbe potuto offrire significative probabilità di sopravvivenza al paziente.

Quindi l’utilizzo del DAE, non solo è un obbligo morale, ma anche giuridico.

Ribadendo come l’Art. 1 della Legge 120 del 2001 abbia ricondotto all’ipotesi dell’uso dello strumento non più alla professione medica, bensì alla capacità di chiunque sia in grado di farlo funzionare.  Perciò se l’operatore è in grado di utilizzare il DAE e non possiede l’autorizzazione, ha comunque l’obbligo di utilizzarlo per salvare la vita della persona in arresto cardiaco in quanto, in caso contrario, risponderebbe della sua omissione.

Probabilmente il disegno di Legge lasciato nel dimenticatoio, fornisce indicazioni attuative precise e concrete a salvaguardia degli aspetti più importanti come l’immunità giuridica del soccorritore e la formazione scolastica obbligatoria sulla rianimazione cardiopolmonare. Ma già oggi, senza dover aspettare i tempi biblici della politica e nonostante le tante difficoltà spesso incontrate scaturite da incomprensibili regole inserite in alcune delibere Regionali e che in diverse occasioni sono state pure attenzionate dal Garante della Concorrenza, solo grazie alla volontà di tanti centri di formazione, molto è stato fatto per aumentare l’attenzione e la consapevolezza sulla rianimazione cardiopolmonare. Per cui ben venga una “legge di civiltà” se davvero può servire per spazzare via gli ultimi ostacoli a beneficio della salute pubblica.

Fonti: Dr. Alessandro Fontana, Dr. Silvano Zancaner (Sede di Medicina Legale, Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università degli Studi, Padova); Dr. Giancarlo Trambajolo (Presidente aggiunto on. della Corte di Cassazione – Bologna); Dr. Sebastiano Neri (Presidente Corte di Cassazione Tribunale di Messina)

Dott. Stefano Mazzei

Dott. Stefano Mazzei

Laureato in scienze dell'educazione e della formazione, è il fondatore di Salvamento Academy, azienda specializzata in corsi di alta formazione in ambito sanitario.

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