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Odontoiatria e rischio INFEZIONI crociate: in aumento i casi di epatite

Lo Studio pubblicato dalla Fondazione Veronesi in riferimento ai dati dell’ISS, evidenzia al 31 dicembre 2024 un aumento dei casi di infezioni da Epatite. Quella di tipo A da 267 casi accertati nel 2023, sì è passati a 443 casi nel 2024, con un incremento di 176 casi, che equivale a un +66%. Mentre, quella di tipo B da 153 casi accertati nel 2023, sì è passati a 189 casi nel 2024, con un incremento di 36 casi, che equivale a un +20%. Non ci sono invece dati disponibili per l’epatite di tipo C, ma il fatto preoccupante è che ben il 32,8 %, cioè un terzo delle infezioni è riconducibile al trattamento odontoiatrico.

Il Dato non può essere ignorato in quanto la Sanità (privata e pubblica) nello svolgimento del proprio servizio, ha obblighi precisi sulla tutela della salute dei Cittadini (operatori o pazienti) e l’Ondontoiatria può e deve rispondere in modo adeguato applicando quanto indicato dalle linee guida e dalle norme tecniche di riferimento per scongiurare ogni tipo di trasmissione infettiva.

Per Infezioni Crociate si intendono quelle malattie infettive che riconoscono l’uomo come sorgente e si trasmettono tra le persone mediante contatto diretto di liquidi o mediante ambiente e/o strumentario contaminato, legate all’attività odontoiatrica, rappresentano un problema di Sanità Pubblica, soprattutto se si considera il numero elevato di persone che frequenta l’ambulatorio, ed il tipo di prestazioni effettuate.

La Natura di tali infezioni, sia batterica che virale, permette la trasmissione mediante contatto del paziente con lo strumentario, oppure tramite inalazione di aerosol contaminati e contaminanti, prodotti durante le prestazioni.

Il Riunito Odontoiatrico in particolare, è un fattore di rischio per la contaminazione dei propri circuiti idrici da parte di microrganismi di provenienza umana ed ambientale e può condizionare la qualità del luogo di lavoro, così come la presenza di biofilm può ulteriormente favorirne la contaminazione. Tale fenomeno non coinvolge solo il paziente ma anche il personale sanitario odontoiatrico, non di rado esposto al rischio di pazienti portatori cronici di HBV e HCV.

Informazione Adeguata a seguito di una conferenza svolta a Montecatini, diversi partecipanti ASO e Odontoiatri hanno fatto presente al relatore che spesso nella pratica sanitaria non tutte le norme venivano messe in atto oppure effettuate con criteri adeguati, spesso con la paura di sbagliare. La causa di questa cattiva informazione è probabilmente dovuta alle diverse fonti, che vengono indicate dagli stessi operatori sanitari, negli Ordini, nelle USL, nell’ANDI. Per esperienza personale posso dire che spesso i suggeritori di procedure e pratiche che interessano ad esempio un processo di particolare importanza come la sterilizzazione, sono gli stessi fornitori e manutentori di apparecchiature e macchinari, che occupano agli occhi del titolare della struttura odontoiatrica una posizione privilegiata in quanto a fiducia e attendibilità, spesso se non sempre, privi però dell’adeguata conoscenza della materia.

INDAGINE

1. Conoscenze del Personale La Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) ha attivato da tempo Gruppi di Lavoro (GdL) con l’intento di approfondire alcuni problemi di Sanità Pubblica. Indagini multicentriche sono state realizzate per valutare il livello di conoscenza da parte del personale odontoiatrico sulla prevenzione e sulla corretta gestione dell’ambulatorio. Nel 2002 Monarca e coll. (33) hanno esaminato 374 questionari compilati in forma anonima da odontoiatri operanti in ambulatori pubblici di 14 città italiane. Dall’analisi dei dati emergono alcuni comportamenti a rischio sia per i pazienti (pratiche scorrette di decontaminazione dello strumentario, mancato uso di mascherine).

2. Gestione Riunito

l’utilizzo di acqua disinfettata (7.2%) o sterilizzata (2.9%) è esiguo mentre risulta più frequente la filtrazione (38.3%) o la demineralizzazione (38.5%), pur sapendo che questa pratica può, in caso di inadeguata manutenzione, aumentare il rischio di contaminazione dell’acqua.

3. Legionella

Un’altra indagine è stata condotta per valutare la presenza di Legionella spp nella rete idrica del riunito (37). Considerato che tale microrganismo è ampiamente diffuso negli ambienti idrici e che la via aerea gioca un ruolo primario nella trasmissione della malattia, gli aerosol prodotti durante la pratica odontoiatrica possono rappresentare un veicolo d’infezione sia per il PSO che per i pazienti. Dallo studio, condotto in 27 ambulatori di 6 città italiane, emerge che il 33.3% dei campioni di acqua prelevati da riunito è contaminato da Legionella spp. Va sottolineato che in alcune realtà territoriali il riscontro di campioni positivi raggiunge 74.2% e che in più del 30% dei prelievi i livelli di contaminazione risultano >10* ufc/L, tanto da richiedere, in accordo con le Linee Guida, un immediato intervento di bonifica. Poiché in questo studio emergono sia una contaminazione da Pseudomonas aeruginosa che indici di CMT a 36° e a 22° non trascurabili, appare evidente che la rete idrica dei riuniti può rappresentare un importante serbatoio di microrganismi patogeni o potenzialmente tali.

Stato dell’Arte

Dalle realtà esaminate emergono dunque sia in ambito privato che pubblico, alcune lacune sulla valutazione e prevenzione dei rischi. Questo dato, insieme ai livelli rilevati di contaminazione microbica dell’ambiente di lavoro, induce a considerare a tutt’oggi l’ambulatorio odontoiatrico come un ambiente a rischio infettivo. Sono passati più di 20 anni dall’inizio di queste indagini e possiamo dire che la situazione non è certo migliorata.

Daniele Biasci

Daniele Biasci

Specialista in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con particolare riferimento agli ambienti del settore sanitario. Facilitatore GRC, Consulente e autorizzazione/accreditamento.

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